La parola “caregiver” viene considerata da Harry Urban come violenta e portatrice di stigma. Le persone che vivono con demenza desiderano non essere percepite e descritte come “passivi ricevitori di assistenza”, ma vogliono poter autodeterminarsi ed avere accanto persone che “condividano” con loro l’incertezza, la fatica, il dolore, ma anche la bellezza delle loro giornate. Semplicemente dei partner di Vita sempre possibile.
È Harry Urban che convive con l’Alzheimer da 17 anni, componente del comitato Scientifico di Sente-mente®, ad illuminarci e chiederci di sostituire la parola “caregiver” con la parola “carepartner”. Alla sua richiesta si aggiunge quella di molte persone che vivono con demenza.
Scegliere di essere l’uno o l’altro fa una grande differenza nel modo di essere accanto al proprio caro che vive con la malattia di Alzheimer o un’altra forma di demenza e quando passi dall’essere un caregiver ad essere carepartner, a cambiare è prima di tutto il modo in cui vedi la persona a cui sei accanto.
O forse anche a te, proprio come ad A.B. figlia della sig.ra G. che vive con demenza, è stato detto con la comunicazione della diagnosi che “non devi più vedere la tua mamma, ma solo la malattia” e che questo ti abbia condotto a ridimensionare il tuo ruolo, ad “assistere”, a vedere come uno spettatore distaccato, a diventare un esecutore della “cura”, come se dall’oggi al domani ogni competenza della persona possa svanire.
Sono molti i familiari che sentono di essere diventati “assistenti”, “caregiver” dei propri cari.
Ecco che allora il caregiver dà cura: il famigliare dà e la persona che vive con la demenza riceve. In un percorso a senso unico, il caregiver dà da mangiare, lava, veste, imbocca, stimola (a volte con frasi che possono risuonare come un comando: mangia, bevi, alzati, siediti, ecc.), compie azioni “sulla” persona (nella convinzione di sapere cosa vuole o cosa è meglio per lui/lei) o fa al suo posto (a volte risponde al suo posto, pronuncia le parole che immagina voglia dire, completa le sue frasi…). Avvalora l’idea che il malato sia solo un soggetto di cure e non una persona che desidera essere accolta e ascoltata e che, fino a una gran parte del suo percorso, possa ancora autodeterminarsi.
A chi vive con la demenza, questa “cura unidirezionale” può far piacere, può donare ben-essere? Harry Urban e le persone con demenza ci insegnano che “il fare” di chi è accanto, quando alimentato dallo stigma “tanto non è più capace” o “non capisce” conduce inesorabilmente ad una condizione di passività, al senso di frustrazione, ad un dolore così grande da cui è necessario difendersi, una sofferenza che scatena reazioni e comportamenti speciali.
La mia più grande paura, vivendo con la demenza, è che le persone che si prendono cura di me finiscano col farmi diventare un disabile a tutti gli effetti facendo tutto al posto mio.
Harry Urban
Dedicati qualche minuto per rivedere la tua giornata accanto al tuo caro. Trova una posizione confortevole, chiudi gli occhi, inspira profondamente ed espirando cerca di rilasciare le tensioni che avverti nel corpo. Ripeti la respirazione fino a quando percepisci una piacevole sensazione di rilassamento, poi ripercorri i momenti della giornata che hai condiviso con il tuo caro, rintraccia le azioni che hanno innescato in te il pensiero di essere un caregiver e prendi consapevolezza:
- come ti hanno fatta/o sentire?
- quali emozioni ti hanno fatto sperimentare? E al tuo caro?
- ti hanno tolto energia? E al tuo caro?
- hanno scatenato reazioni o comportamenti speciali?
- hanno condotto a momenti sfidanti?
- hanno creato stanchezza o vitalità nella vostra relazione?
- hanno innescato un circolo interrotto con fatica e dispendio di forza fisica e psichica?
Come può sentirsi la persona che vive con demenza quando il famigliare che gli è accanto si vive non più come marito, come moglie, come figlio ecc., ma ha fatto proprio il pensiero di esserne diventato l’assistente, avvertendo di dover fare tutto al suo posto?
Harry Urban ci insegna ancora che la persona che vive con demenza sente le tue emozioni, sente se sei accanto e come, in una perfetta danza in cui in parte conduci con dolcezza ed in parte ti lasci condurre, sente se mentre fai accadere il tuo pensiero si rivolge sempre al dopo o se il tuo essere accanto è intriso di presenza, intenzione, attenzione e complicità. Harry scrive:
Io sento le tue emozioni e le rispecchierò. Se tu sei arrabbiato o frustrato tu trasmetterai queste emozioni a me. Le mie paure hanno davvero poco a che fare con la mia demenza mentre riguardano principalmente il mio timore di perdere la mia qualità di vita. Io temo che tu proverai pietà per me e mi trasformerai in una persona disabile. Io so che le uniche informazioni che leggete riguardano le ultime fasi della malattia, ma io non sono ancora lì. Lasciatemi vivere con il mio Alzheimer fino al giorno in cui non potrò più fare le cose di tutti i giorni con dignità. Proteggetemi permettendomi di lottare.
Il carepartner è un partner nella cura, è compagno nel percorso di vita della persona che vive con la demenza, significa essere entrambi co-involti, essere con: per questo Harry Urban ci invita ad utilizzare sia per la persona che vive con demenza, sia per chi le è accanto il nome carepartner.
Rispetto al percepirsi caregiver, viversi come carepartner crea un potente cambiamento che permette di connettersi sempre al sentire, di sostare nel qui ed ora della relazione, di continuare ad essere moglie e marito, padre o madre e figlio/a, di attraversare i cambiamenti in una continua crescita imparando dall’esperienza di un viaggio condiviso in un incessante scambio, con il risultato di una interazione rispettosa e ricca di istanti di valore.
Come accade a chiunque altro, se non mi viene data l’opportunità di provare qualcosa, rimpiangerò la possibilità di non averla potuta almeno tentare. Solo perché ho l’Alzheimer non significa che non posso provare qualcosa che non ho ancora mai fatto [..]. Ho il diritto di provare qualcosa e di non riuscirci anche se posso sembrare sciocco mentre faccio i miei tentativi. Alcuni dei miei fallimenti sono i ricordi più belli che ho.
Harry Urban
Per intraprendere il tuo viaggio da caregiver ad essere carepartner, allena la tua scelta a piccoli passi:
- inizia a cambiare lo sguardo e vedere il tuo caro come un partner in questo straordinario percorso di vita che pulsa oltre la diagnosi: chiediti alla fine della tua giornata che cosa ti ha insegnato oggi il tuo carepartner e scrivi sul tuo quaderno una “piccola” cosa (adora una goccia di profumo dietro le orecchie; vuole sempre avere l’orologio; riesce ancora a gustare il cibo mangiando con le mani; senza il fazzoletto nel taschino non vuole uscire di casa; la sua musica preferita aiuta sempre a ritrovare la calma; se pronuncio frasi che hanno il sapore di un comando, reagisce con rabbia facendo il contrario di ciò che vorrei fare accadere; ogni volta che mi creo calma interiore, riesco a condurre il mio carepartner in uno stato di serenità; quando dormo poco le mie risposte risultano velate di insofferenza…)
- invece di fare cose alla persona, allenati ad essere con, a fare ma anche a non fare con, a condividere, a vivere momenti di scambio, a coinvolgere il tuo carepartner in tutto ciò che lo riguarda (consentigli di scegliere gli abiti che desidera indossare, preparate insieme il caffè, permettigli di avere cura di sé e garantisci la sua privacy, chiedi il suo permesso per aiutarlo quando percepisci che ne ha bisogno, chiedi il suo aiuto per cucinare, piegare i panni…)
- metti in pratica un altro prezioso insegnamento di Harry Urban allenandoti a vivere nel qui ed ora: “a tutte le persone che incontro dico di vivere nel momento presente. Questo modo di vivere è particolarmente importante se tu dimori nel mondo della demenza. Non c’è tempo per preoccuparsi di cosa accadrà, perché non c’è niente che puoi fare per impedirlo. Se non godi il momento presente potrebbe non tornare. Non preoccupatevi di quello che avete perso, ma cogliete e valorizzate ciò che ancora avete. Non aspettate domani per godere dell’oggi. Indossa un sorriso perché porterà alla luce la bellezza che c’è in te. Non farà felice soltanto te, ma tutte le persone che incontrerai. Non rimandare le cose che vuoi fare, falle adesso e vivi nel momento presente”
- offri l’opportunità di continuare a sperimentarsi nelle cose che ha sempre fatto
- offri l’opportunità di provare a fare cose nuove
- chiedi la sua opinione
- abbi cura di te: essere accanto al tuo caro che vive con la demenza richiede il tuo impegno e le tue energie, pianifica il tempo e il modo per rigenerarti. Non deve essere una vacanza di più giorni o un’altra attività che richiede tempo che senti di non avere. Comincia identificando una piccola cosa, un cambiamento di abitudine, che puoi intraprendere qui ed ora: andare a letto un po’ prima, impegnarti per migliorare la tua idratazione, prenotare quella visita che hai continuato a rimandare, scegli di usare le scale. Individua una piccola cosa ed impegnati nel farla accadere nella tua quotidianità, tieni traccia sul tuo quaderno dei tuoi “piccoli” successi, alimenteranno i tuoi passi di entusiasmo
- se in questo momento sei un partner di cura, dedicati brevi pause durante la giornata: una breve respirazione in consapevolezza, una boccata d’aria sul balcone, concentrati per un paio di minuti osservando un oggetto che rievoca in te emozioni potenzianti
- allenati grazie al tuo caro ad andare oltre gli schemi, sfida continuamente le tue convinzioni, rimani curioso e accogli i cambiamenti per rispettare sempre la persona a cui sei accanto, per riconoscere e valorizzare le sue risorse presenti, qui ed ora.
La demenza non priva qualcuno della sua dignità; è ciò che tu pensi della persona che vive con demenza e il modo in cui scegli di essere accanto che toglie dignità o che ne riconosce e ne onora l’identità.
Fonte: letiziaespanoli.it