Alcuni consigli da ascoltare, poche regole da rispettare per conoscere i limiti, i paradossi e i compromessi della cura farmacologica dei DCC ( Disturbi Cognitivi e Comportamentali ), poiché senza informazione e formazione, è probabile che non si trovino sempre soluzioni farmacologiche adeguate e, soprattutto, non si apprendano alcune strategie non farmacologiche utili, andando così incontro a fallimenti e ulteriore stress.
Poche nozioni iniziali e fondamentali contro i luoghi comuni: i problemi cognitivi non sono solo… le carenze di memoria, mentre quelli comportamentali non sempre rispondono agli psicofarmaci, anzi possono peggiorare con il loro uso. Inoltre, i problemi comportamentali che dipendono da quelli cognitivi difficilmente rispondono agli psicofarmaci in maniera soddisfacente (v. esempi dopo).
Ambedue le problematiche, cognitive e comportamentali, possono essere fluttuanti, variabili di ora in ora, di giorno in giorno.
Altra premessa necessaria: non sempre, come sarebbe normale pensare, paziente agitato + psicofarmaco è = uguale a paziente calmo e lucido!
E’ NECESSARIO, per una migliore collaborazione, che alla prima visita ambulatoriale neurologica sia presente il/la caregiver principale (chi segue e conosce meglio, assiste e si occupa costantemente della Persona con DCC) e che l’accompagni ai successivi controlli senza farsi sostituire da altri componenti della famiglia; che questa importante figura sia affidabile e collaborante, che desideri essere informata\o (e che lo sia adeguatamente…), che abbia pazienza in quanto non tutte le informazioni su patologie spesso complesse possono essere fornite nel corso della prima visita di un’ora circa, utile alla diagnosi: è spesso indispensabile un incontro ulteriore o anche preliminare in assenza della Persona con DCC, per poter raccontare liberamente e senza ferirla certi particolari del quadro comportamentale, cognitivo, funzionale.
Per tentare di fronteggiare adeguatamente i molteplici aspetti legati ai sintomi comportamentali è
INDISPENSABILE la piena collaborazione del Medico di Medicina Generale. In caso di non completa collaborazione aumenteranno i costi in termini di stress ed anche economici da parte della famiglia.
Per affrontare i DCC non si può fare a meno dell’approccio “umano” spontaneo, affettuoso, attento, e informato di tutti coloro che sono coinvolti, medico, infermiere, terapista occupazionale, psicologo, animatore, educatore, OSS, caregiver familiare o badante, in quanto parecchi sintomi comportamentali NON rispondono ai vari psicofarmaci ma solo alle strategie non farmacologiche. Un esempio: qualcuno arriva a non riconoscere il proprio alloggio. E’ frequente ed è determinato da un problema cognitivo: volere andare dalla mamma (che non c’é più, é evidente, se la Persona con DCC é molto anziana) o comunque nella casa dell’infanzia e reagire con comportamenti di agitazione e aggressività finalizzate a volere uscire da “quella” abitazione, per tornare “a casa”, ovvero quasi sempre nel luogo in cui è nata ed ha trascorso la prima infanzia. Le turbe comportamentali, in questo caso, non possono essere affidate ai farmaci, ai “calmanti”, ma a STRATEGIE che evitino atteggiamenti polemici e di disaccordo (“Ma come!? Abiti qui da 40 anni!”) o reazioni violente che provocano risultati opposti. Si risponde: “Hai ragione, usciamo e ti accompagno a casa tua” e si va fuori (se si può!), si usa liberamente la fantasia, distraendola con osservazioni sui profumi nell’aria o sulla fioritura di un albero, con storie inventate (“Sono in pena perché hanno investito il figlio di un mio amico”), proposte di preparazione di cibi (“Mi aiuti a sbucciare le patate per farle a forno? Che buone, no?”). Le bugie sono ampiamente giustificate! Tornando insieme nella solita abitazione, questa quasi sempre verrà “accettata”. Nessuna pillola è in grado di far capire alla Persona malata che è quella la casa dove abita da decenni o che bisogna lavarsi, o che è necessario bere! Ancora un esempio: volere a tutti i costi guidare la propria macchina non comprendendo (difetto di critica e giudizio, quindi cognitivo) che non si è in grado. Anche in questi casi servono strategie idonee.
Schematicamente, quindi, se c’è un disturbo comportamentale come agitazione, aggressività, delirio, allucinazioni si procede così:
1. si consulta SEMPRE il medico curante affinché studi le possibili cause fisiche o psicologiche: effetto dei farmaci che vengono assunti, di bevande come alcool o di caffè in eccesso, reazione a certe imposizioni di chi l’assiste (comunicazione verbale e non verbale errata!) oppure intolleranza ad una badante o al cambio della stessa, reazione ad una situazione ambientale come un trasferimento o l’ospedalizzazione, all’incapacità di esprimersi, a febbre, disidratazione (per evidenziarla osservare o toccare la lingua!), ascessi dentali (guardare!), cistite, ritenzione urinaria (globo vescicale: palpare l’addome!), fecale (fecaloma!), dolore fisico che la Persona con DCC non sa esprimere e localizzare, crisi ipoglicemica ed altro ancora. Come si può vedere, non sarebbero tutte condizioni di stretta competenza neurologica, anche se il neurologo – che é un internista! – ben conosce; motivo per cui, ribadisco, è indispensabile l’intervento in primis del medico curante!!!
2. si tenta sempre con le soluzioni non farmacologiche attraverso un approccio che mira a capire il PERCHE’ di quel comportamento in quella Persona e a farvi fronte senza uso di farmaci, approccio strategico che va insegnato, studiato, appreso e, faticosamente! applicato.
3. solamente se queste soluzioni falliscono, si prova con una terapia farmacologia. Per affrontare le fasi acute di aggressività, allucinazioni e psicosi deliranti si possono usare gli Antipsicotici Tradizionali (AT: Haldol e Serenase, Talofen, Largactil, Clopixol, Entumin, Talofen, ecc.) i quali sono prescrivibili dal medico curante, così come alcuni farmaci antidepressivi: il trazodone (Trittico), il citalopram (Elopram ecc.), l’escitalopram (Entact, Cipralex, ecc.), la sertralina (Zoloft). Sono utili per trattare la depressione ma, come altri farmaci di un discreto elenco, alcuni di questi a dosi più alte vanno usati con qualche cautela per la possibile induzione di “anomalie cardiache” (Sindrome del QT lungo). L’opzione antidepressivi può essere tentata in quanto l’uso prolungato degli AT è segnato da importanti effetti avversi: parkinsonismo (lentezza nei movimenti, a volte tremore, ecc.), ACATISIA (incapacità di stare fermi, zitti, ansia continua: è una manifestazione estremamente ingannevole e NON MOLTO CONOSCIUTA DALLA CLASSE MEDICA, SPECIALISTI COMPRESI .
Gli Antipsicotici Atipici (AA: Quetiapina-Seroquel, Olanzapina-Zyprexa, Risperidone-Risperdal e Belivon, Clozapina-Leponex ed altri) sono indicati per un trattamento che si presume prolungato. “Dovrebbero” (le virgolette sono necessarie in particolare per Risperidone e Olanzapina!) causare un minor carico di effetti collaterali tipo parkinsonismo, distonie e acatisia. E’ noto peraltro che possono provocare nei soggetti anziani un aumento seppur moderato di complicazioni vascolari cerebrali e cardiache, aumento di peso e di glicemia, in realtà comuni agli AT, per cui si è reso necessario un controllo periodico degli eventuali effetti avversi degli AA. Insisto nel ripetere, in contrasto con facili credenze “popolari” e il culto della banalizzazione semplificata, che non sempre gli psicofarmaci, tutti in generale, sono efficaci nel controllo di alcuni DCC. Anzi, in molti casi (e nessuna molecola è esente) possono provocare effetti paradossi (l’opposto di quello che ci aspetteremmo) o veri e propri eventi avversi, con peggioramenti non solo a livello cognitivo (riduzione della vigilanza, eccessiva sonnolenza, stato confusionale ecc. per cui o “stordisce” o non aiuta a riconoscere la propria casa o la propria camera da letto fino a poco prima ben riconosciute, e questo potrà scatenare una reazione comportamentale che ne è la diretta conseguenza, magari “diversa” da quella iniziale), ma anche a livello motorio (rallentamento motorio ovvero parkinsonismo ipocinetico – senza tremori -, rovinose cadute e relative conseguenze, la terribile sindrome della paura di cadere…), acatisia e sintomi vari come sincopi (svenimenti), stitichezza, ecc.
Conoscete un farmaco che possa convincere la Persona con DCC a riconoscere la propria abitazione, come nell’esempio precedente, oppure a lavarsi se non vuole, a evitare di mangiare troppo oppure a non rifiutarsi di mangiare o bere?
Se non esiste altra strada ed é necessario provare uno psicofarmaco, usate il Buon Senso. Provate con una dose bassa dello psicofarmaco scelto osservando il risultato:
1. la Persona con DCC va peggio: si sospende o al massimo si prova ancora 1-2 volte;
X. resta invariata: si prova ad aumentare la dose;
2. va meglio! Si mantiene la dose minima efficace!
Incaponirsi ad usare, ad esempio, la QUETIAPINA (NON é infallibile, può dare effetti avversi anche se risulta “la più amata dagli italiani”), come ho visto più volte fare, o un altro psicofarmaco che “fa 1 nella Schedina”, aumentandone le dosi in attesa di un miglioramento, può risultare controproducente.
Infine, nel caso si resti insoddisfatti o dubbiosi sui risultati ottenuti con uno psicofarmaco, compatibilmente con lo stato clinico generale del paziente, si può intervenire una tantum con un altro psicofarmaco per saggiarne la tollerabilità e l’efficacia: se l’esperimento saltuario mostra vantaggi, questo secondo farmaco “potrebbe” prendere stabilmente il posto del primo; se no, si ritenterà con un altro ancora, sempre una tantum… Come in un labirinto, bisogna avere l’intelligenza e l’umiltà di capire che quella strada intrapresa non è quella “giusta”! In questo faticoso iter di tentativi ed errori si procede attraverso una corretta informazione ed il controllo del medico di famiglia. Ovvio!
Altre conoscenze di cui tener conto nel trattamento farmacologico dei DCC:
– gli I-ChE e la Memantina (i farmaci che si usano per contrastare il declino cognitivo) possono alleviare alcuni aspetti comportamentali;
– in alcuni casi possono essere efficaci alcuni antiepilettici come il Depakin, il Tegretol, che agirebbero come stabilizzatori del comportamento e il Rivotril (“malgrado” sia una Benzodiazepina, potrebbe agire positivamente su alcune anomalie del sonno);
– un’avvertenza nota da decenni ma spesso disattesa: gli ansiolitici a base di Benzodiazepine (BDZ: Valium, EN, Minias, Tavor, Control, Halcion, Songar, Lexotan, Xanax, Prazene, ecc.) o para-BDZ (Stilnox, Lendormin, ecc.) possono provocare nelle persone anziane, e in particolare se affette da DCC, effetti paradossi, ovvero agitazione, insonnia, stato confusionale, sonnolenza, cadute e relative conseguenze.
Infine, ai familiari di Persone con demenza che già assumono ad esempio 400 mg di Quetiapina al giorno senza effetti positivi (anzi…) consiglio VIVAMENTE che uno di loro assuma di sera UNA TANTUM, di sabato, solamente 25 mg di Quetiapina: probabilmente capiranno che non si tratta di caramelle e magari smetteranno di chiedere un aumento di dose di altri 100 mg !!