BRICIOLE DI FILOSOFIA 19° PUNTATA – dialogo di Carlo Della Bella

Cosa ci propone allora il nostro Nietzsche?

FILOSOFO – Qualcosa di profondo, ma piuttosto difficile. La vita è tutt’altro che divertimento e gioia, anzi oscilla tra dolore e, se va bene, noia, fin che il moto del pendolo non si arresta ed è la morte. Questo aveva sostenuto un altro filosofo, Schopenhauer, che in parte Nietzsche condivideva. Non condivideva però la via di uscita indicata da Schopenhauer: cioè l’ascetismo, la rinuncia alla vita. Certo, è ardua l’accettazione della vita così come essa realmente è, senza potersi appoggiare a niente, a nessuna certezza, senza garanzie ultraterrene.

COLLEGA – Appunto, perché mai uno dovrebbe farlo? Non mi sembra che il grande filosofo si sprechi in aiuti che diano un senso all’esistenza.

FILOSOFO – Rifletti, proprio qui sta il punto. Dopo la morte di Dio, cioè la crisi di tutti i valori, l’uomo contemporaneo è rimasto solo con se stesso, dispera che una mano o una parola benevola lo soccorra dall’esterno. Si è addossata in pieno la responsabilità della propria esistenza. Sta a lui, solo a lui.

COLLEGA – Non è una filosofia soft, questa di Nietzsche.

FILOSOFO – Eh, no.

COLLEGA – Come va a finire?

FILOSOFO – Può andare a finire in due modi. O come diceva Schopenhauer: il rifiuto opposto all’inganno della volontà di vivere, evitare di mettersi in gioco, l’apatia, magari col palliativo dell’arte, l’astinenza, al limite la vita monastica. Oppure, pur consapevoli della tragica situazione in cui versa l’esistenza umana, lo stesso dire di sì alla vita: è questa la risposta di Nietzsche. Le conseguenze della morte di Dio per noi spiriti liberi, egli afferma, non sono né tristi né rabbuianti; in realtà, alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora, possiamo sciogliere le vele alle nostre navi perché il mare ci sta di nuovo aperto dinnanzi. Ecco. La crisi epocale da lui vagheggiata, e che si è estesa addensandosi forse fino a noi, rischia di condurci nel baratro, nel nulla. Tuttavia proprio l’annullamento degli assoluti può essere vissuto, all’opposto, come liberazione, come autonomia recuperata da vincoli e pastoie.

COLLEGA – Ma quanta forza ci vuole per compiere un simile passo? Quanta fiducia in se stessi? Quale indipendenza di giudizio? Non so dove le trovi oggi queste cose.

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