La saggezza degli anziani, collegata all’esperienza e ad una maggiore serenità di giudizio, valutata positivamente fino a pochi anni addietro, rischia di diventare un corollario insignificante di fronte a una nuova tendenza alla svalutazione della stessa parola “anziano”. Classificare qualcuno come “troppo vecchio” in realtà è un giudizio sociale, non biologico, perché esistono conoscenze e abilità che si possono spendere e perfino acquisire in età adulta.
Tutta colpa della gerontocrazia? In effetti le masse di giovani in cerca di un ascensore sociale, lo trovano bloccato da un’ inamovibile classe di seniores inchiodati in posti remunerati e di prestigio. Basti pensare ai presidenti della Repubblica che si sono succeduti negli anni (l’ottantenne Sandro Pertini aveva addirittura dichiarato di non sentirsi troppo vecchio per un eventuale secondo mandato al Quirinale), per non parlare dei docenti universitari o dei manager. Il Times ha ironizzato descrivendo l’Italia come un paese di ottantenni nominati dai settantenni. In politica le cose stanno cambiando, almeno in parte, ma è lo stesso negli altri posti di responsabilità?
Come si è giunti a questa battaglia contro la gerontocrazia? E’ stato l’incrocio fra due fattori di cambiamento, da una parte l’aumento della longevità, unita ad una capacità di vita attiva e funzionale, dall’altro la crisi dell’occupazione. In poche parole, quando i vecchi saggi erano pochi si potevano considerare con reverenza, ora che sono tanti vengono visti come ostacoli, inamovibili guardiani del potere contro l’avanzata dei giovani.
D’altra parte Renzo Scortegagna, sociologo dell’Università di Padova, afferma che “la saggezza è un valore produttivo… un dirigente anziano è un patrimonio di “competenze tacite” che sarebbe un suicidio economico buttare via. Il ricambio generazionale ha senso se crea sviluppo e nuova occupazione, ma è una perdita netta se sostituisce semplicemente un vecchio con un giovane”. Ci sarebbe però una soluzione ideale: il veterano dovrebbe lasciare il posto esecutivo ai giovani ed assumere un ruolo di orientamento, formazione, tutoraggio, ma è un avvicendamento che per ora stenta a farsi strada.
Contro la tendenza a liberarsi di questi anziani ingombranti Niccolò Marchionni, presidente dei geriatri italiani, rivendica il valore della saggezza come conoscenza collaudata: “E’ l’arte di porre problemi, è più della semplice sapienza, è “saper vedere le cose di profilo” secondo il motto di Eugenio Scalfari”. Forse, bisognerebbe mettere l’anziano giusto al posto giusto, e quindi eliminare i limiti di età nel reclutamento lavorativo: è l’age neutrality dei paesi anglosassoni, una sorta di equivalente delle pari opportunità fra uomo e donna, che non consideri l’età come criterio di esclusione, ma si basi unicamente su attitudini e capacità individuali. E se questo divenisse un obbligo, anche di legge, i talentuosi anziani sarebbero al sicuro.