Spesso pensiamo e ripensiamo un sacco di volte alla stessa cosa credendo di trovare una soluzione logorandoci in questo cioè abbiamo la tendenza a preoccuparci ci ciò che potrebbe accadere. La persona che rimugina si costruisce, mentalmente, ripetuti e ipotetici scenari futuri negativi in condizioni di incertezza ma lo fa per sentirsi più sicura o per analizzare meglio il problema. Invece queste credenze disfunzionali legate all’utilità del rimuginio mantengono l’individuo in una condizione di ansia e in una falsa percezione di risoluzione del problema stesso (Sassaroli & Ruggiero, 2003).
In alcuni casi questo fenomeno può derivare da eventi traumatici o stressanti ma di solito può essere causato da ansia generalizzata o da eccessivo perfezionismo e ipercriticità
Quando l’oggetto dei nostri pensieri è rivolto al passato, si parla di ruminazione. La ruminazione consiste nel pensare in maniera ripetitiva a un evento accaduto e a tutti gli elementi disturbanti a esso collegati. La ruminazione è un processo cognitivo che serve a elaborare emozioni che riguardano ricordi di eventi passati e produce uno stile di pensiero disfunzionale e maladattivo che si focalizza principalmente su un pensiero passivo e costante.
Quando, invece, i nostri pensieri riguardano il futuro si parla di rimuginio: il rimuginio è una forma di pensiero ripetitivo e ansioso in risposta a situazioni future percepite come minacciose. Quando “ l’overthinking “ si esprime con il rimuginio, il focus sul futuro e il continuo rimuginare potrebbero penalizzare le azioni concrete di problem-solving. Inoltre, sebbene il rimuginio sia usato dal singolo per gestire e fronteggiare l’ansia, se diviene intenso e persistente potrebbe portare a un disturbo d’ansia generalizzata.
Se i pensieri assumono modalità ossessive e totalizzanti, potrebbero arrivare al punto da bloccare la persona nell’esecuzione delle azioni nel presente.
Dunque la vita potrebbe essere molto più semplice se ci risparmiassimo la maggior parte di quei sentimenti e pensieri disfunzionali che aggiungono poco – e sottraggono molto – al nostro universo emotivo. Inoltre se le persone analizzassero a posteriori in modo oggettivo le cause che avevano indotto il dolore che avevano provato, la maggior parte riconoscerebbe di aver sofferto inutilmente.
Lo psicologo Josè Elias spiega che «il tentativo di prefigurare il futuro in modo irrazionale, senza tenere conto delle nostre qualità e capacità, né degli stimoli esterni, ci porta a generare visioni distorte che possono diventare la fonte della nostra sofferenza». In effetti, un’altissima percentuale di stati emotivi negativi ed evitabili deriva dal non praticare la sana abitudine di concentrarsi sul presente invece di rimpiangere il passato e preoccuparsi del futuro.
Purtroppo l’incertezza è uno dei sentimenti più difficili da gestire per gli esseri umani che desiderebbero avere tutto sotto controllo E sebbene sia convinzione diffusa che, prefigurando ciò che potrebbe accadere, sia possibile controllare una situazione potenzialmente negativa, la realtà è che questo atteggiamento presenta più svantaggi che vantaggi. Infatti l’abitudine di anticipare gli eventi negativi porta al risultato di soffrire sia anticipatamente e anche nel momento in cui si verifica l’evento. Oppure può essere che l’evento immaginato non si verifichi mai !
Dopo periodi di intensa ruminazione mentale – quando cioè continuiamo a preoccuparci e a rimuginare sulle incertezze del futuro – si innesca nel corpo un sistema di allarme perchè questa stanchezza dovuta a un esaurimento emotivo si trasforma in malessere fisico. La psicologa Álava Reyes spiega «Mettiamo in tensione tutto il nostro organismo, preparandolo alla “lotta”, come se dovessimo fuggire da una situazione pericolosa. Per tutto il tempo in cui “ruminiamo”, ovvero pensiamo a qualcosa che ci preoccupa, il nostro organismo si trova in una situazione estrema: sperimentiamo una forte tensione muscolare, il cuore batte forte, andiamo in iperventilazione… E, alla fine, siamo letteralmente esausti».
Ma per ovviare alla ruminazione mentale i professionisti suggeriscono che “ trascorrere più tempo da soli rappresenta un buon punto di partenza, un modo per imparare a reagire perché ci offre l’occasione per identificare i nostri schemi di pensiero, così da modificarli, se necessario .Anche se quello che stiamo vivendo non ci piace, dobbiamo comunque metabolizzarlo, invece di allontanarci dalla realtà per crearci una visione mentale parallela che ci conforti o ci allontani da ciò che sta accadendo. Se ci abituiamo a coltivare pensieri distorti sulla realtà, questi si presenteranno sempre più frequentemente, generando sensazioni spiacevoli, fino a diventare automatici. E così, alla fine, le sensazioni fastidiose e irritanti si presenteranno senza che ce ne rendiamo conto, anche in assenza di pensieri negativi consapevoli». Inoltre anche la razionalità del buon senso, l’autoironia e la convinzione che la vita non deve essere una sofferenza possono essere d’aiuto.