Cosa osservare nella nostra persona anziana e come affrontare il dubbio della malattia – della dott. Chantal Cerise, Valle d’Aosta – tratto da La Casa del Caregiver.it

La maggior parte delle persone che conosco ha in casa una persona anziana oppure ha vissuto questa situazione di vita. Dal mio punto di vista di nipote è bellissimo crescere, parlare e vivere con i nonni, godere di un rapporto così speciale: i nonni sono un punto fondamentale della nostra crescita perché hanno la possibilità di insegnare la tolleranza, l’amicizia, i sentimenti disinteressati, il perdono in un modo che può essere ancora più profondo dei genitori.

Sono stata anch’io una bambina con tanti nonni: 4 nonni e 3 bisnonni che mi hanno accompagnata fino ad oggi; ho la fortuna, infatti, di avere ancora una nonna di 95 anni, con i suoi acciacchi, ma piena di vita ed arzilla, soprattutto nello spirito. Uno spirito che ancora vuole godere dei piccoli momenti che può offrirle la vita.

Le mie giornate con loro erano numerose e piene, così negli anni ho avuto modo di osservare, di percepire che le loro forze, fisiche e morali, andavano perdendosi, che la malattia in senso lato era sempre di più parte di loro. La cosa che però mi destava più preoccupazione, soprattutto un po’ più da grande, era vedere le persone intorno a me che non sembravano preoccuparsi degli acciacchi, delle difficoltà linguistiche, degli sbalzi di umore, delle difficoltà nei movimenti, dei vuoti di memoria temporanei. Tutto era normale, forse perché è più facile? Perché ignorare è più semplice? Oppure perché il desiderio, in fondo, è quello di posticipare il più possibile quelle che sarebbero delle responsabilità ed impegni nei loro confronti. Quando facevo notare alcune cose, la risposta era sempre semplice: “…è la vecchiaia…”, così semplice che a me risultava inquietante, drammatica! restare con le mani in mano essendone consapevole.

Molto spesso mi sono resa conto che dietro a tutti questi sentimenti, potrei dire che nella maggior parte dei casi, l’emozione di origine è la paura nelle sue più disparate forme. Quando una persona anziana va verso il fine vita, abbiamo paura, paura di perderla, di non essere in grado di assisterla, di affrontare un cambio di vita, una modifica del nostro orizzonte emotivo: ecco perché si fa fatica a vedere i segnali di qualcosa che non va! Si pensa subito alla depressione, alla pressione sanguigna, al cuore che rallenta o all’artrosi.

Tutto questo è possibile, certamente, segnali più grossi, quelli legati all’emotività, alla memoria, dovrebbero farci capire che forse non siamo di fronte solo all’età che avanza. Per cogliere questi segnali, però, occorre sviluppare una capacità indispensabile: l’osservazione distaccata. Occorre trasformarsi in uno specchio che osserva e registra.

Proviamo a pensare a cosa potrebbe farci capire che i nostri nonni non sono più come un tempo. Camminano più lentamente, hanno meno cura di se stessi e dei loro vestiti, mangiano meno, iniziano a dimenticare piccole cose quotidiane, non amano più fare l’orto o prendersi cura dei fiori, hanno più spesso necessità di vedere il dottore, sono più silenziosi, preferiscono uscire di rado, hanno difficoltà maggiore nella vista e nell’udito e spesso sono

più brontoloni o, in generale, più emotivi.

Certo, questo non è un elenco completo di cosa potrebbe succedere ad una persona anziana, e sono certa che ognuno di voi troverebbe qualcosa da aggiungere, ma se almeno iniziassimo a fare caso a questi piccoli momenti di diversità, se osservassimo i nostri anziani con un occhio diverso, potremmo aiutarli a vivere meglio e, chissà, più a lungo e comunque con maggiore dignità. Malattie come le demenze, spesso si nascondono, soprattutto nelle fasi precoci dello sviluppo, dietro ad atteggiamenti simili a quelli elencati ed è per questo che ad ogni caregiver che seguo, ad ogni amico che conosco che ha degli anziani da accudire, consiglio sempre di iniziare ad avere cura della propria salute mentale e della propria memoria a partire almeno dai 70 anni di età.

Lo so, molte malattie arrivano anche prima, ma se siamo fortunati, e fatemi pensare che possiamo esserlo se lo vogliamo, possiamo aiutare i nostri nonni o genitori regalando loro un bel check up da un neurologo o geriatra, che ci saprà consigliare e supportare interpretando al meglio i segnali che solo noi potremo riportare. Il consiglio ancora più accorato che mi sento di dare è di insistere nelle diagnosi se non siete convinti che la risposta fornita ai vostri quesiti sanitari sia accurata o approfondita: nessuno come voi conosce il vostro caro, non accontentatevi del primo consulto, richiedete esami diagnostici oltre alle prove sperimentali! Solo un quadro accurato può aiutarvi.

Con il tempo ho imparato che gli anziani non hanno bisogno di grandi attenzioni, ma di presenza, di calore e di ascolto. Ascoltiamoli, soprattutto nei loro silenzi, arriviamo con loro fin dove, per paura e vergogna, non ci sentiamo di arrivare da soli. Il dubbio di essere ammalati molte volte li costringe a isolarsi e a non farsi aiutare, per le naturali paure che hanno anche loro. Buttiamo giù questo muro fatto di mattoni di paure reciproche e prendiamoci per mano: lo facciamo per loro, lo facciamo per noi!

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