Dormire, dolce dormire – dott. Luca Ianza, psicologo

Del sonno sappiamo molto poco. Non sappiamo bene a cosa serve, però sappiamo che è indispensabile per sopravvivere. La privazione del sonno è una delle forme più crudeli di tortura, ma anche se nessuno ci tiene svegli a forza l’esperienza di un cattivo riposo è fonte di malessere, impatta negativamente sull’umore, sulla salute, sulla nostra vita da svegli.

Purtroppo le persone anziane spesso vedono peggiorare la loro qualità del sonno e questo è dovuto ai vari tipi di cambiamenti che accompagnano la terza età.

Vi sono dei cambiamenti strutturali nel cervello (e il cervello è un po’ l’organo che “dirige” il sonno). In particolare il cervello diminuisce di peso e volume, a cui corrisponde una riduzione del numero dei neuroni, soprattutto in alcune aree. Anche a livello funzionale ci sono dei cambiamenti importanti, così come cambiano alcuni ritmi biologici, fra cui, importante per la regolazione del sonno, quello della temperatura

Ma, non di secondaria importanza, ci sono tutti i cambiamenti nella vita di una persona anziana. Il cambiamento dei ritmi, l’uscita dal mondo lavorativo con il conseguente allungamento delle giornate.

Tutto questo fa sì che vengano meno dei meccanismi di stabilizzazione del sonno. Perché anche perché se l’episodio di sonno è unico: andiamo a dormire la sera e ci svegliamo alla mattina, questo episodio nasconde una struttura molto complessa fatta di fasi alternate e di risvegli di cui generalmente non ci rendiamo conto. Questa organizazione con l’invecchiamento viene un po’ meno, diventa più frammentata e aumentano i risvegli. Se un giovane adulto si risveglia una volta sola per notte, fra i 60 e i 75 anni i risvegli sono in media quattro, distribuiti nell’arco di tutta la notte.

In media però la durata totale del sonno rimane uguale, ma questo purtoppo è dovuto all’aumento, con l’invecchiamento, sia delle persone che dormono più a lungo, che di quelle che dormono meno ore (circa il 60% del totale).

Tutti questi aspetti possono far pensare che l’anziano sia condannato ad un sonno di cattiva qualità da fattori sociali e biologici incontrollabili e inevitabili, ma questo non è del tutto vero. È dimostrato infatti che i pregiudizi negativi sul sonno hanno un effetto negativo sulla qualità del proprio riposo. E quali sono questi pregiudizi? Prima di tutto le aspettative non realistiche sul sonno. Non esiste un sonno “standard” valido per tutte le persone. Alcune persone hanno bisogno di 8 ore di sonno per svegliarsi riposati, ad altri ne bastano 6 o meno. Fare paragoni e confronti con parenti e conoscenti non ha molto senso senza tenere conto di questo. Lo stesso vale per gli orari in cui si va a dormire, che può essere una delle cose che cambia con l’età. Non è vero che invecchiando è necessario anticipare l’orario in cui si va a dormire.

Come non è vero che una notte insonne, o comunque una notte in cui si è riposato male, come accade ad esempio quando si dorme in un posto nuovo (ad esempio se si è in viagggio) abbia un effetto deleterio sulla qualità della veglia nel giorno successivo e sul sonno delle notti a seguire. È vero invece che molti cambiamenti nel sonno sono coerenti con le esigenze di un corpo più vecchio e non sono quindi l’espressione di un meccanismo malfunzionante o malato. Come è vero che in media l’anziano ha uno sguardo più pessimista sulla qualità del suo sonno: a parità di ore dormite per esempio gli anziani riferiscono di dormire meno rispetto ai giovani. È una percezione soggettiva, che però influisce negativamente sul benessere, ed è quindi degna di attenzione. Molte delle indicazioni per un buon sonno sono valide per tutte le età, come qulla di cercare di tenere fissi gli orari di addormentamento e risveglio, di non consumare sostanze attivanti prima di andare a dormire (caffè, tè, ma anche l’alcol, a torto considerato da molti una sostanza che favorisce il sonno). Altre sono più importanti per la persona anziana, ad esempio svolgere attività fisica, possibilmente alla luce del sole, che stimola la produzione di melatonina (che nell’anziano subisce un calo), o curare il luogo in cui si dorme, che sia sempre lo stesso, fresco e soprattutto silenzioso, essendo l’anziano più soggetto ai risvegli dovuti al rumore.

In definitiva l’esperienza del dormire con l’invecchiamento cambia, ma questo non vuol dire che dobbiamo rassegnarci a veder peggiorare la nostra vita, anche se potrebbe essere necessaria qualche attenzione in più da parte nostra, più cura. Perché le possibilità di fare qualcosa ci sono.

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