Giorgio Voghera

Giorgio Voghera era figlio di Guido, noto matematico, e di Paola Fano, entrambi personaggi di spicco della Comunità ebraica di Trieste. Impiegatosi, non ancora ventenne, presso la compagnia di assicurazioni RAS di Trieste, fu costretto ad abbandonare la propria città nel 1939 a seguito delle leggi  razziali emanate un anno prima dal governo fascista. Emigrato, dopo un periodo di internamento a metà strada fra la prigionia e la sorveglianza coatta a Giaffa, va a vivere in un kibbutz, facendo rientro in Italia solo nel 1948. Venne assunto nuovamente dalla RAS e lavorerà  fino al 1962.

Come scrittore alla fine degli anni cinquanta esce con un divertente libello umoristico e nel 1961 pubblica, sotto lo pseudonimo  di  Anonimo triestino, un romanzo intitolato “ Il Segreto “ ,un monologo di tormenti  e di frustrazioni del protagonista in una Trieste di inizio secolo  con la propria tradizione letteraria, le idiosincrasie dei propri abitanti, l’ambiente ebraico e cosmopolita descritto dall’autore.

Nel 1974 esce un romanzo autobiografico dal titolo “ Il Direttore Generale “ e nel 1980 viene pubblicato “ Il Quaderno d’Israele “.

Sempre nel 1980 con il saggio ”  Gli anni della psicoanalisi Voghera rievocò la Trieste degli anni venti, un centro cosmopolita, all’avanguardia in Italia per avere accolto con favore la psicoanalisi freudiana  grazie all’opera del triestino Edoardo Weiss che, in seguito,  fondò a Roma la Società psicoanalitica Italiana. L’autore pone l’accento sugli stretti rapporti esistenti fra la psicoanalisi e i grandi scrittori di cultura e formazione ebraica, con alla testa Italo Svevo e Umberto Saba  e più in generale il peso determinante che gli intellettuali ebrei hanno avuto nello sviluppo letterario, artistico, economico e civile di Trieste.

Di sicuro interesse è anche il volume  “Nostra signora morte “ del 1983, un’acuta riflessione esistenziale frutto di settantacinque anni di speranze, attese, illusioni e delusioni vissute dallo scrittore triestino.

Lo scrittore aveva come amici Umberto Saba, Virgilio Giotti, Bobi Bazlen e altri prestigiosi rappresentanti degli ambienti letterari del suo tempo. Lo si poteva trovare seduto ai tavolini del vecchio Caffè San Marco contorniato da aspiranti scrittori e personaggi della vita culturale cittadina.

Trascorrerà gli ultimi anni della propria esistenza nella casa di riposo Pio Gentilomo fondata e gestita dalla comunità ebraica triestina e si spegnerà, ultranovantenne, nell’amata Trieste nel 1999.

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