I VAGABONDI DELL’ ALZHEIMER – di Giorgetta Dorfles

Uno dei fenomeni più caratteristici dei malati di Alzheimer è la tendenza a non stare mai fermi, vagabondare per le stanze senza meta, alzarsi persino di notte e uscire di casa vagando alla deriva con il rischio di perdersi. Che cosa produce questo bisogno irrefrenabile di muoversi? Forse il fatto di non riconoscere più i luoghi familiari e quindi girare intorno per trovare l’ambiente desiderato, che non trova mai corrispondenza nella realtà. Andare in cerca della propria abitazione altrove perché ci si sente straniero in casa propria.

E’ chiaro che la confusione mentale della persona con demenza non va peggiorata con spostamenti di mobili e di oggetti che lo disorientano, con una profusione di ninnoli inutili che procurano stimoli sensoriali esagerati; il suo stato di continua agitazione va tenuto a bada da un contorno il più possibile costante e semplificato. E anche la sicurezza va tenuta d’occhio visto che la sua nozione di pericolo è quasi azzerata: chiusura automatica del gas, eliminare ostacoli e barriere architettoniche, sistemare luci d’emergenza notturne, nascondere medicine e detersivi.

Dopo la tutela dai possibili incidenti c’è un altro passo da fare: rendere più facile l’orientamento nel muoversi a tentoni del malato dentro casa. Si potrebbero costruire dei percorsi segnaletici con dei cartelli indicatori, un po’ come nelle cacce al tesoro organizzate per i bambini, contrassegnati da colori vivaci, che catturino l’attenzione, e anche porte diversamente colorate per consentire l’approdo alla toilette o alla camera da letto. Anche per orientarsi nello scorrere del tempo l’anziano va aiutato usando calendari e orologi a caratteri sufficientemente grandi.

Ma, una volta impostata una cintura di sicurezza di base, non si può certo fare dormire per forza l’anziano o impedirgli di camminare; è importante invece lasciargli dei margini di movimento, altrimenti si rischia di peggiorare la sua agitazione, tanto che può inveire con veemenza contro chi gli sta vicino o persino provocarsi delle lesioni. Ci sono degli stratagemmi che si possono consigliare: intanto accompagnarlo in lunghe passeggiate, cosa che potrebbe stancarlo e farlo dormire meglio, oppure tentare di distrarlo riportando la sua attenzione su altri obiettivi, come la ripresa di qualche interesse coltivato in passato, o di un’attività manuale molto semplice. E’ importante cercare di calmarlo con atteggiamenti e modi suadenti o mettendo una musica dolce e rilassante, usando luci calde e diffuse. Quindi una certa autonomia può anche stimolare il malato da un punto di vista cognitivo, con positive ricadute sul tono dell’umore e sulla disponibilità al rapporto interpersonale.

Allo stesso modo non va limitata troppo l’autonomia nella gestione problematica delle funzioni corporali. Ricorrere a cateteri e pannoloni dovrebbe essere l’ultima spiaggia, mentre la difficoltà a controllare la vescica o gli sfinteri può essere agevolata dall’uso di abiti facili da togliere, con chiusure a strappo invece di bottoni o cerniere. Tentare di scavalcare gli ostacoli, creare una rete di protezione, facilitare l’uso dell’ambiente, senza però ledere la precaria autostima del soggetto, questa a grandi linee la possibile gestione del malato di Alzheimer. Sono suggerimenti tratti dal volume curato dall’associazione ARIS dal titolo “Mano nella mano. L’importanza della relazione affettiva nel disorientamento e nelle demenze della persona anziana”.

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