Il sogno degli adolescenti di allora: avere i blue jeans

Nonostante sia nato come un semplice indumento da lavoro, il jeans è riuscito a trasformarsi, in diversi periodi storici, in un vero e proprio simbolo della ribellione giovanile e della loro protesta. Da gli anni ’50 questo tipo di pantaloni rappresenta la volontà delle nuove generazioni di uscire fuori dagli schemi tradizionali e di un cambiamento.. E il cinema con James Dean e Marlon Brando e la musica con Elvis Presley e Bob Dylan sono un carro trainante per la identificazione dei ragazzi con i loro idoli così che i jeans diventano i pantaloni più comprati e indossati in tutti i paesi europei.

Negli anni ’60, anni della contestazione globale e delle rivolte studentesche, i blue jeans esprimevano in maniera concreta il rifiuto, da parte soprattutto del mondo giovanile, delle convenzioni sociali, dell’abbigliamento formale e alla moda che rispecchiava le differenze esistenti fra le diverse classi della società. Così i blue jeans si trasformarono quasi in un un’uniforme del mondo giovanile e divennero il simbolo per eccellenza dell’ “antimoda”, della spinta egualitaria presente nelle nuove generazioni che univa in un progetto ideale comune tanto gli studenti che gli operai.

Il jeans assume quindi una valenza politica diventando l’icona della contro cultura e della contestazione, quasi una divisa per gli aderenti ai movimenti per i diritti civili ed il simbolo della ribellione giovanile, delle bande, della voglia dei giovani di prendere le distanze dall’ipocrisia del mondo adulto.

Alla fine degli anni ’70 con la diffusione del consumismo le varie griffe della moda si impadroniscono dei jeans e le varianti di questo indumento si moltiplicano : al taglio “a campana” (detto anche “zampa di elefante” ) passato quasi in disuso per lustri (e timidamente tornato negli anni 90) si sono aggiunti il taglio a tubo o sigaretta, il taglio attillato, versioni a cavallo alto e a cavallo basso, e per quanto riguarda i colori oltre a modelli già scoloriti (per sfruttare la moda che li preferiva scoloriti) e di varie tonalità, se ne sono prodotti di tutti gli svariati colori e con i più svariati tessuti.

Ma la storia dei blue jeans affida la primogenitura, in fatto di fabbricazione, alla città di Genova in virtù della grande tradizione tessile che fin dall’antichità ha costituito un’importante voce nelle esportazioni liguri di manufatti. Già nel XV secolo la città di Chieri, vicino a Torino, produceva un tipo di fustagno di colore blu che veniva esportato attraverso il porto antico di Genova, dove questo tipo di “tela blu” era usata per confezionare i sacchi per le vele delle navi e per coprire le merci nel porto. Il termine inglese blue-jeans si pensa infatti che derivi direttamente dalla frase bleu de Gênes ovvero blu di Genova in lingua francese.

Secondo altre versioni i pratici e resistenti “calzoni da lavoro” erano in tempi remoti cuciti con tela di Nimes (de nimes e poi denim) di color indaco ed erano indossati dai marinai genovesi.

Il termine di lingua inglese jeans è utilizzato fin dal 1567; fu infatti nel XVI secolo che dal porto genovese iniziò la grande esportazione di questo materiale. Il fustagno genovese, di qualità media e a prezzi accessibili, tinto con indaco, si era imposto in Europa e in particolare tra i mercanti inglesi.

Nel 1853, in seguito alla scoperta dell’oro in California, Levi Strauss aprì a San Francisco un negozio per vendere oggetti utili a lavoratori e ai “cercatori d’oro”. Comprò dei tessuti per le tende che poi utilizzò per fabbricare dei grembiuli da lavoro di cui migliorò la qualità utilizzando il denim, un tessuto resistente, pesante e di colore blu. Uno dei suoi clienti, un sarto di nome Jacob Davis, anch’egli fabbricatore di vestiti con il denim, si unì a lui e presto (precisamente il 20 maggio 1873) Strauss e Davis idearono il primo vestito: nacque il jeans denim.

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