Il talento non va in pensione – di Giorgetta Dorfles

Lo sapevate che è la depressione uno dei fattori più nocivi al mantenimento delle facoltà mentali nella terza età? Convincersi che, come succede per l’attività lavorativa, anche l’intelletto deve andare in pensione, è uno degli errori più comuni e più dannosi che distruggono l’autostima dell’anziano, portandolo ad adeguarsi ai pregiudizi di una società che lo considera dipendente e incapace.

E’ chiaro che sentirsi menomati nella mente oltre che nel corpo non può che portare alla depressione. E’ questa dunque la causa principale, persino più delle malattie degenerative, dell’abbassamento delle capacità intellettuali: lo sostiene il professor Tomaso Vecchi (nomen omen), docente di psicologia sperimentale all’Università di Pavia. Lo specialista, che organizza da anni corsi mirati sulle strategie e le tecniche mnemoniche, non può però negare che l’invecchiamento comporti un rallentamento dei processi cognitivi: ”Il nostro cervello riduce la quantità di informazioni che può elaborare in un dato tempo”; ma precisa che, se è la quantità di nozioni a penalizzarlo, non altrettanto si può dire della qualità delle sue prestazioni.

Anzi, il neuropsichiatra Marcello Cesa- Bianchi, autore del libro “Vecchio sarà lei!”, afferma addirittura che l’età senile può riservare sorprese positive, diventando per alcuni, grazie al libero corso dell’immaginazione, “un’età geniale”. Certo, una volta sgravati dal peso delle costrizioni e delle convenzioni di una società a cui dovevano sottomettersi, i vecchi possono esprimere e sviluppare pienamente la loro creatività.

Al di là degli esempi più recenti di scrittori attivi in tarda età, come Camilleri, Garçia Marquez, Saramago, questa potenzialità trova ampia conferma nella storia del pensiero e dell’arte. “Invecchio imparando ancora” scriveva Sofocle che, oltre a comporre tragedie, ebbe addirittura un figlio a 89 anni. E che dire di Michelangelo, che progetta la cupola di San Pietro a 85 anni, mentre sia Goethe che Verdi compiono i loro capolavori a 80, per non parlare di Picasso che continua a dipingere fino a 91.

Ma non sono solo gli artisti a beneficiare di questa facoltà. “Ogni anziano che non soffra di gravi malattie, precisa Cesa- Bianchi, ha ancora la possibilità di produrre un’elevata quantità di idee nuove ed originali”.

Il fenomeno dell’invecchiamento è dunque un po’ un mistero: l’unica cosa certa è che non esiste un modello valido per tutti. E considerando che la terza età è condizionata da diversi fattori, dai problemi economici e di salute, alle varie oscillazioni fra oblio e memoria, fra declino e realizzazione di sé, Cesa – Bianchi conclude: “Non c’è una sola vecchiaia standardizzata, ne esistono tante, quanti sono i vecchi che la interpretano”.

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