Intervista a Spinoza, 5a Puntata – di Carlo Dellabella

…..riservata a pochi eletti?»

«Io credo di no, ma occorre mettersi alla prova ed esercitarla. A questo livello, pian piano, tutto diventa più chiaro.»

«In che senso?»

«Si giunge ad acquisire la consapevolezza che non c’è stata nessuna creazione, come vuole la dottrina ebraico-cristiana, o emanazione dall’Uno, come voleva Plotino. Dio è il mondo, non ha bisogno di crearlo. Scompare anche ogni forma di finalismo: il pregiudizio cioè che in Natura, o in Dio, esista un progetto, uno scopo finale. Noi siamo portati a immaginare le cose naturali come mezzi per raggiungere un fine: il Sole esiste per illuminare, gli occhi per vedere, animali e piante per potersi nutrire. Invece le cose esistono non “in vista di”, ma unicamente perchè sono e devono essere. Da ciò nasce un altro pericoloso pregiudizio: cioè che la divinità produca e governi le cose per uso degli uomini, per legarli a sé ed essere venerata, con la conseguenza dei premi e dei castighi.»

«Ma allora questo Dio di cui lei parla che Dio è?»

«Un Dio che non ama, non odia, non è geloso, non si adira, non premia o punisce. E non è neanche una persona, padre o madre. Insomma non ha niente a che fare con l’immagine superstiziosa che molti uomini si sono costruita nelle diverse religioni.»

«Mi chiedo: quale rapporto possiamo noi avere con un simile Dio, dal quale non possiamo aspettarci niente?»

«Qui sta il punto. Se veramente saremo in grado di  raggiungere tale profonda consapevolezza, allora tutti i problemi spariranno, noi ci sentiremo pervasi da una grande serenità d’animo, saremo in armonia con l’universo e proveremo amore per tutte le cose e per Dio, anche se Dio non ci ama e non può amarci.»

«Lei non può saperlo, ma proprio questo aspetto paradossale della sua filosofia colpiva il grande Goethe, che portava sempre con sé la sua Ethica e trovava straordinario un amore che basta a se stesso, senza nulla chiedere in cambio. Addirittura uno scrittore americano, tale Yalom, in un suo racconto immagina che Rosenberg, l’ideologo del nazismo, non si poteva capacitare come il vate del popolo germanico mostrasse tanta ammirazione per un filosofo ebreo.»

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