…a non esporsi?»
«Ero e sono convinto che ciascuno abbia il diritto di esprimere liberamente le proprie idee, come ho poi sostento nel mio Trattato teologico-politico. Né l’episodio mi aveva intimorito, anzi andavo in giro mostrando il mantello che mi aveva salvato. Ma per la sinagoga la misura era colma: reagì lanciandomi contro il famoso cherem, la scomunica e maledizione.»
«Quindi non fu qualcosa di inaspettato.»
«No, tuttavia mi sorprese la durezza: uno così terribile i rabbini di Amsterdam non ne avevano mai emesso in precedenza.»
«Cioè?»
«Mi risuonano ancora nella mente le parole che mi venivano scagliate contro: Che egli sia maledetto di giorno e sia maledetto di notte, maledetto nel sonno e maledetto nella veglia, maledetto quando esce e maledetto quando entra… Il Signore non lo perdonerà mai…cancellerà il suo nome e lo allontanerà dalla tribù d’Israele…E voi guardatevi dal comunicare con lui, a voce o per iscritto, che nessuno gli mostri favore alcuno o si avvicini a lui più di quattro cubiti, né legga alcuna cosa scritta da lui. Come vede, ci sono andati giù pesante. Così Baruch finiva di esistere, tornavo ad essere solo Bento Spinoza e in latino negli scritti Benedictus. Via via poi seguì la condanna da parte di tutte le altre chiese. Eccomi qui dunque, come in esilio, lontano da Amsterdam e dalla mia vita precedente, a molare lenti per guadagnarmi da vivere.»
«Nonostante tutto questo, però, se posso chiedere, lei non mi sembra una persona infelice.»
«Vede, io credo di essere riuscito a raggiungere, nella mia ascesa morale che è insieme anche un’ascesa intellettuale, uno stato di serena consapevolezza, in cui mi sento pago di me stesso e delle mie idee. Provo soddisfazione e gioia in tutto quello che abitualmente faccio: il mio lavoro di artigiano, conversare con qualche amico che ancora mi viene a trovare, come con lei adesso, leggere, scrivere. Non mi viene in mente e non mi manca nient’altro che potrebbe accrescere la mia felicità.»
Non lo dissi, ma mi venne da pensare che forse in Benito Spinoza si era reincarnato lo spirito del Budda. Intanto lui continuava: «Mi correggo: apparterebbe ad una mia maggiore felicità fare in modo che anche altri possano comprendere le cose come le comprendo io.»
Tutti i maestri desiderano avere discepoli. Purtroppo per lui, Spinoza non ne avrebbe avuti, se non molto tardi, secoli dopo. Forse l’avrebbe confortato sapere che nell’Ottocento i filosofi idealisti, Hegel compreso, giudicavano indispensabile, per fare filosofia, essere in qualche modo “spinoziani” [spinozist sein] e che oggi dalla sua filosofia emana il fascino di una religione cosmica, senza dogmi e senza chiese. Tanto che Albert Einstein, interrogato su quale fosse la sua religione, rispose: «Non posso che sentirmi spinoziano.»
A questo punto ringraziai Spinoza per la sua cortese disponibilità e lo lasciai, non senza sentirmi un po’ più ricco dentro.