Le Demenze giovanili – del dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Una volta, e neanche tanto tempo fa, finivano in manicomio.

Noi medici non eravamo sufficientemente preparati, e questo accadeva malgrado più di cento anni fa Alois Alzheimer, Gaetano Perusini ed altri ancora ci avessero avvertiti! Ora non si va rinchiusi in quei tristi luoghi. Tuttavia, per chi va incontro ad una forma di demenza e per la sua famiglia la strada appare in salita sin dai primi sparuti segnali tra i tanti che inaugurano il corso di queste malattie, segnali da interpretare tenendo presente che nelle scienze la soluzione di un problema diagnostico, in futuro anche terapeutico, dipende dalla nostra capacità di definirlo, di conoscerlo. Non è ancora così, esistono sacche di colpevole indifferenza, di errate padronanze, di semplificazione, in un orizzonte che va dai comuni cittadini fino ai medici, malgrado oggi siano presenti al mondo 55 milioni di persone con demenza e le proiezioni per il 2050 ne prevedano circa 153 milioni.

Storie semplici o complicate, la diagnosi arriva tardi o non arriva affatto! Sono cifre da accettare addirittura con prudenza in quanto è molto probabile che il 50% delle diagnosi sfugga (cfr. lo studio “La strage delle innocenti” in www.ferdinandoschiavo.it) e che forse le cose stiano peggio: il Rapporto Mondiale Alzheimer del 21 settembre scorso stima che il 75% dei casi attuali nel mondo non ha una diagnosi ufficiale, aggiungendo, tra altre criticità, che persino nei paesi più sviluppati un medico su tre sostiene che la diagnosi sia inutile perché ad oggi non esiste una cura. Un comportamento fortemente intriso di AGEISMO: é il preconcetto, il “razzismo dell’età” che priva spesso una persona anziana delle dovute attenzioni che la sua vulnerabilità richiede.

“La sua memoria perde colpi? E’ normale: è anziano!” fa a botte paradossalmente con i pregiudizi che vedono queste patologie come appannaggio esclusivo “dei vecchi”, e quindi col “Non può avere una demenza: è troppo giovane!”, il tema conduttore di questo articolo. Ecco, dopo siffatta deprimente premessa, la comparsa sotto i 65 anni di anomalie cognitive (memoria, ma tanto altro ancora!) oppure comportamentali, per limitarci intanto all’essenziale, fa temere la presenza di una demenza giovanile. Le difficoltà sono in agguato già ai primi passi del percorso diagnostico, in cui giocano le maldestre interpretazioni del racconto allarmato che proviene nella maggioranza dei casi dai familiari (a volte altrettanto dolorosamente dai pazienti stessi) e poi dei test cognitivi brevi (il “Mini Mental” può mentire!). Le ragioni? Una quota di medici e persino di specialisti del ramo non appare adeguatamente formata alla buona prassi di tali complesse malattie. Complesse, sì.

“Non tutte le demenze iniziano col buco… di memoria”, malattia di Alzheimer compresa. C’è dell’altro nelle demenze, anche e soprattutto negli esordi, ingannevoli quanto basta. Ma non sempre queste cose le conosciamo… La vicenda reale di Robin Williams insegna ad allargare i confini delle nostre specializzazioni verso una visione ampia, olistica.

Un esordio senza alterazioni della memoria, apparentemente atipico, anomalo secondo la zavorra dei luoghi comuni che imperversa in questo amaro territorio, avviene con una discreta frequenza, e più spesso proprio nelle forme giovanili, che siano di matrice alzheimeriana o di tipo fronto-temporale (altra forma ancora più esclusivamente giovanile) e persino da danno vascolare, come ci informano almeno due autorevoli studi (Hendriks S et al. Global Prevalence of Young-Onset Dementia: A Systematic Review and Meta- analysis. JAMA neurology 2021; Jonathan Graff-Radford et al. New insights into atypical Alzheimer’s disease in the era of biomarkers. The Lancet neurol. 2021).

Quello che sta accadendo a quasi 4 milioni di persone al mondo per i più è ritenuto certamente un evento “inatteso”, sconvolgente per numerosi e comprensibili motivi:
umani, sociali, lavorativi, economici, affettivi, assistenziali. A questi va aggiunto un ulteriore aspetto disastroso: nell’Alzheimer giovanile esiste una alta possibilità che si tratti di forme geneticamente determinate.

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