Pierre-Auguste Renoir è nato il 25 febbraio 1841 a Limoges, nella regione francese dell’Alta Vienne, quarto di cinque figli in una famiglia di modestissime condizioni.
Autodidatta ma pieno di giovanile entusiasmo, Renoir manifestò il suo talento artistico già a tredici anni come apprendista pittore in una manifattura di porcellane con composizioni floreali e un po’ più tardi si dedicò a dipingere stoffe e ventagli e, in seguito, anche soggetti sacri. Nell’aprile 1862 decise di investire i propri risparmi iscrivendosi all’École des Beaux-Arts e, contemporaneamente, entrò nello studio del pittore Charles Gleyre.
Ma per la sua maturazione pittorica fu determinante soprattutto l’incontro con Alfred Sisley, Fréderic Bazille e Claude Monet, pittori che come lui trovavano inadeguata e mortificante la mera disciplina accademica per cui questo gruppo di giovani decise di non frequentare gli atelier ma di trasferirsi tutti insieme a Chailly-en-Bière, ai margini dell’incontaminata foresta di Fontainebleau, così da lavorare all’aria aperta, rigorosamente en plein air, con un approccio più diretto con la natura.
Il sodalizio con Bazille, in effetti, fu fondamentale e così iniziarono a frequentare il Café Guerbois in rue de Batignolles, rinomato luogo di ritrovo di artisti e letterati. Durante le chiacchierate che si svolgevano al caffè i pittori, capeggiati da Manet e dal suo amico scrittore Émile Zola, maturarono il proposito di farsi conoscere come un gruppo di artisti «indipendenti», svincolandosi così dal circuito ufficiale. Pur aderendo ai propositi dei suoi amici, Renoir non disdegnò il Salon,la mostra ufficiale che raccoglieva gli artisti più considerati dell’epoca, e nel 1869 vi partecipò con il quadro la Zingara. Inoltre, Renoir ebbe modo di intensificare i suoi rapporti con Monet, con il quale stabilì un’intesa fervida, persino fraterna. I due, infatti, adoravano dipingere insieme, nel segno di una forte coincidenza tecnica e iconografica, spesso intervenendo sul medesimo motivo: celeberrima è la loro visita all’isola di Croissy sulla Senna, che visitarono e ritrassero nel 1869, lavorando fianco a fianco, dando vita così a due dipinti distinti (quello di Renoir è La Grenouillère ). Sempre al Café Guerbois, inoltre, Renoir conobbe Henri Fantin-Latour, pittore che in quegli anni stava stendendo un dipinto denominato Atelier de Batignolles nel quale ci sono i prodromi della nascita del gruppo impressionista, che stava prendendo le mosse proprio in quel periodo.
Con Monet e Manet si ritirò ad Argenteuil, villaggio che lo convertì definitivamente all’en plein air: ne è testimonianza la tela Vele ad Argenteuil, dove la tavolozza si schiarisce e le pennellate sono brevi e corsive, secondo una maniera che si può definire propriamente impressionista. La sua virata impressionista si formalizzò con l’adesione alla «Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs», società istituita su suggerimento di Pissarro (vi facevano parte anche Monet, Sisley, Degas, Berthe Morisot ed altri) nella prospettiva di radunare denaro per organizzare mostre gestite autonomamente. La prima di queste mostre fu allestita il 15 aprile 1874 nei locali del fotografo Nadar al n. 35 di boulevard des Capucines. Lo stile “impressionista “ non intende descrivere il paesaggio in modo veristico ma preferisce cogliere la luminosa fugacità di un attimo, un’impressione che è totalmente diversa e autonoma da quelle immediatamente precedenti e successive.
Anche se si è abituati a pensare al movimento impressionista come a una corrente omogenea e coerente, in realtà ognuno dei suoi più rinomati esponenti si è mosso al suo interno con grande irregolarità e soluzioni personalissime.
Così nel 1877 il gruppo degli impressionisti come Cézanne, Renoir, Sisley, Pissarro, Monet, Degas divenne progressivamente meno coeso, per poi sfaldarsi definitivamente.
Nel 1882 Renoir fece il «viaggio della maturità» in Italia e le visite ai suoi musei con l’incontro con le opere rinascimentali portarono a importanti innovazioni nella sua arte tanto che, una volta divenuto anziano, avrebbe confessato: «Il 1882 fu una grande data nella mia evoluzione».
Agli scorci del Novecento Renoir era ormai ufficialmente riconosciuto come uno degli artisti più illustri e poliedrici d’Europa. La sua fama, d’altronde, si era definitivamente consolidata con una retrospettiva di ben 128 lavori organizzata nel 1892 da Durand-Ruel e con l’enorme successo riscosso in occasione del Salon d’Automne del 1904. Anche lo Stato Francese, sino ad allora diffidente nei suoi confronti, acquistava sue opere, e nel 1905 egli venne persino insignito della Legione d’onore.
Ma già intorno ai suoi cinquant’anni si manifestarono i primi sintomi di quella grave artrite reumatoide che lo avrebbe tormentato sino alla morte, causandogli la paralisi completa degli arti inferiori e la semiparalisi di quelli superiori.
La malattia assunse una forma molto aggressiva a partire dal 1903, quando l’artista aveva circa 60 anni, e lo rese quasi completamente disabile all’età di 70 anni . Aveva un’anchilosi della spalla destra e la rottura di numerosi tendini estensori delle dita e dei polsi, che limiterà gravemente la funzionalità delle sue mani. Nel 1912, all’età di 71 anni, un attacco di paralisi lo colpisce alle braccia e alle gambe e da quel momento in poi l’artista non camminerà più e sarà costretto su una sedia a rotelle»
Nonostante le terribili conseguenze della malattia, Renoir continuò imperterrito a dipingere e fu disposto persino a legarsi i pennelli alla mano più ferma per «mettere il colore sulla tela per divertirsi». Proprio a causa della progressiva infermità, nei primi anni del Novecento si trasferì a Cagnes-sur-Mer, in Costa Azzurra, dove nel 1908 acquistò la tenuta delle Collettes, nascosta tra le fronde degli uliveti e degli aranci ma con vista sul mare. Le sue energie creative si esaurirono inesorabilmente, anche a causa della morte dell’amata moglie Aline, nel 1915 ma continuò a esercitare una certa influenza su un gruppo di giovani tra cui Henri Matisse.
I ritratti dai colori tenui e dai tratti tondeggianti e i paesaggi en plein air,rilassanti e idilliaci, i nudi armoniosie neoclassici ribadiscono l’ irrinunciabile missione estetica di Renoir: «Per me ogni quadro deve essere qualcosa di amabile, felice e piacevole. Il mondo è pieno di cose sgradevoli, non è il caso di fabbricarne altre».
Morì il 3 dicembre 1919 e le sue ultime parole celebri, pronunciate la sera prima di morire mentre gli venivano tolti i pennelli dalle dita rattrappite, furono: “Credo di incominciare a capire qualcosa“. È sepolto con tutta la famiglia nel cimitero di Essoyes in Borgogna.