Tempo libero e tempo vuoto – di Giorgetta Dorfles

Con la liberazione dal lavoro e dagli impegni pressanti della vita, la vecchiaia potrebbe fregiarsi del titolo di “età della libertà” ma, poiché non è detto che si apra verso nuovi orizzonti di scoperte e di opportunità, non sempre questa definizione le si addice. Il pericolo più frequente per chi affronta questo salto verso l’affrancamento da obblighi e doveri è che risulti un salto nel vuoto. Che cosa attende infatti l’anziano, pronto a diventare padrone del suo tempo? Una società che lo giudica solo in base alla produttività e all’utilità, conducendolo progressivamente da un lato verso l’emargi­nazione sociale, dall’altro verso una forzata inattività, che porteranno a un processo graduale di iso­lamento.

Finché la solitudine è una scelta, quella del ricercatore, dello studioso, dello scrittore, è certamen­te il presupposto necessario di una feconda produzione intellettuale; tutt’altra cosa è l’isolamento, spesso forzato, che molti anziani sperimentano una volta usciti dalla comunità lavorativa. Perfino in famiglia ci si può sentire soli, se non si possiedono argomenti attraenti che catturino l’attenzione dei più giovani. In un mondo sempre più proiettato verso il futuro, sempre più tecnologico, non interes­sano più le storie dei nonni, la guerra, la povertà, l’emigrazione, diventano noiose lamentazioni, inu­tili rivisitazioni di un’epoca che si vuole soltanto dimenticare. I figli e i nipoti, quindi, spesso non riescono a esaudire il bisogno di affetto e di comunicazione dei vecchi, che finiscono per sentirsi estranei, residui inutili di un passato ormai sepolto.

L’isolamento è ancora più marcato nelle grandi città, dove l’anziano è costretto a condizioni di vita difficili e malsicure, per la mancanza di spazi verdi, il traffico, l’inquinamento, i ritmi di vita accele­rati inoltre, con l’avvento della famiglia nucleare, si assiste all’incremento di vecchi rimasti soli. Ma anche le coppie, che restano escluse dalla società, finiscono per diventare dei reclusi in casa, sempre più disperati e depressi: una solitudine a due destinata a ripercuotersi gravemente sulla salute mentale, favorendo la confusione o la demenza senile.

Esistono poi le vittime di individui senza scrupoli, come gli anziani caduti nella trappola di sedicenti rivenditori: sentendo queste storie di truffe e furti è meglio chiudersi in casa e non aprire più a nessuno. Da valutare anche l’aumento all’esterno della criminalità e della violenza, per cui si finisce per evitare le uscite in quel mondo ostile.

Questo quadro è veramente triste e inquietante, che un impegno sociale dovrebbe assolutamente contrastare. Si sono già compiute esperienze per risolvere il problema dell’emarginazione degli anziani, creando spazi di intervento, di svago e di socializzazione, ma occorre considerare soprattutto le potenzialità creative, che non scadono nelle ultime fasi della vita. Non tutti sono Picasso, Ungaretti, Camilleri, che hanno creato i loro capolavori in tarda età, ma ogni uomo dovrebbe avere diritto a esprimere se stesso nella propria unicità, con disegni, ricami, sonetti, ceramiche, nella dimensione senza limiti che offre l’età della libertà.

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