Chi non aveva in casa la…vegetallumina?
Nel cassetto/ farmacia di ogni famiglia non poteva mancare questa pomata bianchiccia/giallina in una scatoletta rotonda e piatta anch’essa gialla con la scritta in nero ‘Vegetallumina”, uno dei punti fermi della terapia fai da te. Era un linimento comunissimo per gli ematomi, le piccole ustioni, i dolori reumatici e una cura primaria per i geloni. I geloni oggi sono una cosa rara, ma una volta, quando d’inverno negli edifici non c’era un grande riscaldamento né esistevano piumini supertermici o guanti in goretex, si formavano sulle mani o sui piedi
Da Claudio Della Volpe, veniamo a sapere che la vecchia Vegetallumina era fatta così:
Canfora 2,0 g,
Metile salicilato 0,3 g,
Alluminio acetato basico 1,7 g,
Essenza di timo 1,0 g,
Trietanolammina 0,3 g,
Biossido di titanio 16,5 g
Il biossido di titanio dava alla pomata quel colore bianco così caratteristico,mentre l’azione antinfiammatoria era garantita dal salicilato di metile, uno degli antiinfiammatori più diffusi fino a 50 anni fa.
La canfora che è assorbita velocemente attraverso la pelle, produce una sensazione di raffreddamento e funge da leggero anestetico locale e da sostanza antimicrobica. Era coadiuvata dall’essenza di timo con una serie di composti come cymene, mircene, borneolo e linalolo anch’essi dotati di proprietà antisettiche.
Anche l’acetato di alluminio svolgeva una attività antisettica.
Era una hit degli anni Cinquanta la cui applicazione impiastricciava la parte dolorante e allora si doveva mettere una fasciatura per non sporcare dovunque ci si appoggiava inavvertitamente!!!
Spalmandola, aveva un caratteristico odore di mentolo e dava una sensazione di freschezza.
Oggi la vecchia pomata cambiando i suoi componenti è un farmaco analgesico che appartiene alla classe dei FANS, pensato per il trattamento locale di dolori nel caso di contusioni, distorsioni mialgie, strappi muscolari e torcicollo.