Virgilio Giotti, un poeta triestino – liberamente tratto da Wikipedia

Virgilio Giotti è lo pseudonimo del poeta Virgilio Schönbeck nato a Trieste il 15 gennaio
1885 e ivi morto il 21 settembre 1957. Quando nacque Trieste faceva ancora parte
dell’Impero austro-ungarico e il padre Riccardo Schönbeck era di origini boeme e la
madre Emilia Gheotto,veneta, dal cui cognome derivò il suo d’arte. Nel 1907 si trasferì con
la famiglia a Firenze per sfuggire alla leva asburgica e per diversi anni fece il viaggiatore
di commercio. Nel 1912 conobbe una donna russa Nina Schekotoff, che presto diventerà la
sua compagna e dalla quale avrà tre figli: la piccola Tanda, e Paolo e Franco che
perderanno la vita in Russia durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1920 ritornò a Trieste, ma, pur pubblicando prose e soprattutto liriche in alcune
importanti riviste, visse isolato fino alla morte lavorando prima come edicolante e in
seguito come impiegato presso l’Ospedale Maggiore di Trieste. Esordì a Firenze nel 1914
con il “Piccolo canzoniere in dialetto triestino” a cui fecero seguito “Caprizzi, Canzonete e
Stòrie” pubblicate nel 1928, “Colori” nel 1941, “Sera” nel 1946, “Versi” nel 1953.
Fu autore anche di delicate poesie in italiano come “Liriche e idilli” pubblicate nel 1931,
“Appunti inutili” e alcuni racconti. Tradusse dal russo nel 1946 la “Lettera alla madre” del
poeta Esenin.
. La sua poesia, con influenze pascoliane, crepuscolari e ermetiche, si serve del dialetto ,
sua lingua madre, per dare una voce fortemente emotiva a una intimità amorosa o
familiare oppure alla natura e al paesaggio. La Trieste di Giotti è lontanissima da quella di
Svevo, di Saba e degli altri scrittori perché non troviamo il porto, la psicoanalisi, la
mitteleuropa ma soltanto i sobborghi di una città qualsiasi.
Giotti abitava prima in Via Crispi e poi in Via La Marmora in una casa fredda con una sola
stufa tanto che spesso stava in casa con sciarpa, basco e cappotto. Nella sua piccola libreria
c’erano libri di poesia di Leopardi e di Carducci e i classici in tedesco di Goethe e Rilke.
Oggi Trieste gli dedica la piazza antistante la Sinagoga.
da Piccolo canzoniere in dialetto – I veci che ‘speta la morte»
«I veci che ‘speta la morte./ I la ‘speta sentai su le porte/ de le cesete svode d’i paesi;/ davanti, sui mureti/
co’ fra i labri la pipa./ E par ch’i vardi el fumo,/ par ch’i fissi el ziel bianco inuvolado/ col sol che va e che
vien,/ ch’i vardi in giro le campagne e, soto,/ i copi e le stradete del paese”.

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