Willy Dias, come invecchiare: istruzioni per l’uso – di Mariella Grande

Tante sono le giornaliste e le scrittrici triestine tra Ottocento e Novecento e tutte, più o meno famose in vita, sono state dimenticate come Willy Dias nonostante la popolarità dei suoi libri tradotti in varie lingue.

Alla fine della seconda guerra mondiale Willy Dias ha 73 anni ed è sempre la giornalista impegnata e la scrittrice di successo, i suoi romanzi sentimentali le garantiscono di che vivere raccontando storie di “gente bene”: una “schizofrenia” mai risolta tra la Willy Dias giornalista libera e agguerrita e la romanziera che preferisce raccontare donne sottomesse a “maschi rapaci”.

Nel 1945 a 73 anni questa energica lavoratrice della penna, che ha superato ansie e depressioni grazie alla sua attività, non pensa certo a ritirarsi, pensa invece ad accettare nuove sfide. E’ nel suo carattere, nella sua passione per la vita.

Appartengono a un’altra epoca gli anni degli esordi, quando Haydée, già affermata nell’ambiente della carta stampata e non solo nella Trieste austriaca ma anche nel regno d’Italia, l’aveva aiutata a introdursi nella redazione del “Mefistofele”, famoso tra i giornali che animavano la vita culturale cittadina di fine Ottocento. E a lei, poco più che ventenne, venne riservato l’articolo di attualità e subito si era fatta conoscere per la vivacità e l’ironia della sua penna.

Willy Dias è il nome de plume che sceglie la giovane Fortuna Morpurgo, nata a Trieste nel 1872 in una ricca famiglia borghese, figlia di Menasse ebreo e Orsola Radovich, cattolica. Da sempre con la passione per la scrittura, quando nel 1895 viene pubblicato il suo romanzo Maria Lamberti finalmente ha la conferma di appartenere a quel mondo che definisce “un clan” nel libro Viaggio nel tempo, l’autobiografia pubblicata l’anno della sua morte, il 1956.

Dopo la breve parentesi goriziana di un matrimonio finito con una separazione senza sensi di colpa perché la “donna nuova” ha diritto a vivere la propria vita, Willy Dias torna a Trieste in piena ubriacatura futurista e torna fedele al suo lavoro di giornalista e scrittrice ma nel 1915 quando l’Italia entra in guerra abbandona la città. Alla fine della prima guerra mondiale si trasferisce a Genova perché viene assunta dal quotidiano il “Caffaro” questo non interromperà mai il rapporto con la città dove è nata e ha trascorso la prima parte della sua esistenza.

Così trascorre la vita di Willy Dias segnata da due conflitti mondiali, tra due città Trieste e Genova proiettate sul mare, con un lavoro tanto faticoso da confessare che non potrebbe mai consigliarlo eppure non ne può fare a meno. E continua così, programmando il futuro. Così nel 1945, dopo anni segnati dall’antifascismo, decide di prendere la tessera del partito comunista e tiene una nuova rubrica sull’Unità “Willy Dias vi risponde” seguita dal pubblico sempre numeroso delle sue lettrici. E la popolarità aumenta e non è solo per la posta femminile perché nel 1950 la spazio a sua disposizione si allarga alla “Pagina della donna” e l’anno successivo si aggiunge “Il corsivo del giovedì”. Sono gli anni del secondo dopoguerra e Willy Dias è sempre la giornalista attenta al presente e continua a scrivere con la penna infuocata articoli sull’esodo istriano, sulla “questione di Trieste” occupata dagli Alleati e torna agli anni del suo irredentismo. E torna a tuonare contro la borghesia con lo stesso piglio di quando nel 1925 sulla rivista “Cordelia” scriveva in difesa delle “domestiche” e prendeva le loro parti contro le “signore”.

Le elezioni comunali del 1946 intanto l’hanno vista tra i consiglieri eletti, ottanta di cui dieci donne. L’età non è certo un ostacolo al suo impegno e Willy Dias continua a mettersi in gioco e il pubblico la segue con ammirazione per la forza dei suoi articoli sempre attenti ai problemi del presente con l’esperienza che viene dal passato.

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